Fragile. Un nuovo immaginario del progresso: la catastrofe dell’immaginazione

Martedì 28, ore 18 dialogo tra Derrick De Kerckhove, Simone Guidi e Francesco Monico a partire dal libro Fragile. Un nuovo immaginario del progresso, di Francesco Monico edito da Meltemi

Fragile. Un nuovo immaginario del progresso:
la catastrofe dell’immaginazione tra la crisi epistemologica e la perdita del referente semiotico.

 

A partire dal testo Fragile – Un nuovo immaginario del progresso, Meltemi 2020, di Francesco Monico, martedì 28 luglio, ore 18.00, Derrick De Kerckhove, sociologo, accademico di fama internazionale, Simone Guidi storico della filosofia e Francesco Monico, Direttore Accademia Unidee, dialogano sulla catastrofe dell’immaginazione che si sta dispiegando nei primi decenni del XXI secolo. Sembriamo non accorgercene, ma se fosse urgente quanto quella climatica?

Sarà possibile seguire la conferenza a questo indirizzo
https://zoom.us/webinar/register/WN_tzxOt09oTayGMunrQ8VVOw

Sulla rivista culturale on-line doppiozero è stata pubblicata una recensione, a firma di Simone Guidi, che ne offre una lettura approfondita.

 

«L’idea di un libro sull’immaginario è arrivata dopo anni di lavoro sui Media Studies, sulle Visual Cultures o Bildwissenschaft e appunto sul “Media Turn”, che ha dato enfasi a un nuovo uomo narrativo, che non solo scrive storie fantastiche su di sé ma ci crede dandogli valore di verità. Un animale favoloso.
Da qui il dubbio che la narrativa della modernità edificata sul pensiero calcolante sia obsoleta e che si senta la necessità di una narrazione maggiormente aperta e poetica. La risposta sta nel paradosso che ogni narrazione non sia altro che l’ennesima finzione e di come ciò abbia portato storici come Friedrich Daniel Schleiermacher, Wilhelm Dilthey, e quindi filosofi quali Martin Heidegger e Hans Georg Gadamer, all’incertezza. Dalla storia si ha esperienza che ogni verità è narrazione.
Nel XXI secolo la tecnica accelera ed esorbita, così la conoscenza si presenta come sempre nuova. Perché di fronte a un technological overshoot, ovvero a un ritorno accelerato degli effetti tecnici, siamo forzati ad abitare un mondo in costante cambiamento.
L’Olocene è finito e l’Antropocene è la prima era in cui il fare di una specie influisce sui cambiamenti geologici. Si presenta così all’immaginario la legge dei “ritorni accelerati” che implica la sesta estinzione di massa, la mutazione climatica e immensi continenti di rifiuti.
L’essere umano è dispensabile, l’evoluzione umana si è fermata e il progresso incomincia a dubitare di sé. Come teorizzato dalla Scuola di Francoforte nella Dialettica dell’Illuminismo e da Günther Anders ne L’Uomo è Antiquato, la ricerca spinta alle sue estreme conseguenze ha finito per vincolare gli uomini e le donne a un pensiero calcolante, strumentale e convergente.
Di fronte al disastro ambientale possiamo ipotizzare che l’essere umano sia un essere artistico che produce incessanti narrazioni e che il problema quindi stia nell’immaginario. Prende forma una consapevolezza che reintroduce la filosofia nell’arena delle conoscenze utili poiché essa diventa non un requisito per entrare nei mondi delle culture accelerate ma un requisito per entravi senza rimanervi prigionieri».