La caccia alle streghe e la paura del potere delle donne – Silvia Federici

Come riconciliare l’onnipotente, quasi mitica immagine che gli inquisitori e i demonologi crearono delle loro vittime con la figura indifesa delle donne reali accusate di simili crimini?

di: Silvia Federici

Pubblichiamo un estratto dal libro Caccia alle streghe, guerra alle donne di Silvia Federici, edito da Nero Edition nella collana Not. Ringraziamo l’editore per la possibilità concessa.

 

 

 

Procede sola, nella luce del tramonto, in uno spazio vuoto; stringe nelle mani una matassa di filo blu che intreccia intorno a sé avvolgendo un gruppo di case sullo sfondo, che, per un effetto ottico, appaiono come una prosecuzione del suo corpo. Trazando el Camino (1990) è uno dei tanti dipinti che Rodolfo Morales, uno dei migliori artisti messicani del XX secolo, ha dedicato al tema principale della sua opera: il corpo femminile come tessuto materiale e sociale che tiene insieme la collettività. Il quadro di Morales fa da contrappunto alla figura della strega: la donna raffigurata, con il suo aspetto quieto e il grembiule ricamato, appare quasi angelica. Eppure in lei c’è qualcosa di magico e indecifrabile che rievoca la «cospirazione» femminile, che fu la giustificazione storica per la caccia alle streghe che insanguinò l’Europa dal XVI al XVIII secolo, e che ci fornisce forse un indizio per risolvere alcuni degli enigmi che tuttora permangono al centro di questo fenomeno.

Perché le persecuzioni erano dirette principalmente contro le donne? Come si può spiegare che per tre secoli migliaia di donne in Europa divennero la personificazione del «nemico interno» e del male assoluto? E come riconciliare l’onnipotente, quasi mitica immagine che gli inquisitori e i demonologi crearono delle loro vittime – dipinte come creature infernali, terroriste, mangiatrici di uomini, asservite al Demonio, che cavalcavano selvaggiamente i cieli sulle loro scope – con la figura indifesa delle donne reali accusate di simili crimini e poi torturate e bruciate al rogo?

Una prima risposta a queste domande riporta la persecuzione delle streghe agli sconvolgimenti causati dallo sviluppo del capitalismo, e in particolare allo smantellamento delle forme comunitarie di agricoltura prevalenti nell’Europa feudale, e all’impoverimento che travolse un ampio settore della popolazione rurale e urbana come conseguenza dell’avanzare dell’economia di mercato e dell’espropriazione delle terre.

Secondo questa teoria, le donne furono le maggiori vittime in quanto furono le più immiserite da tali cambiamenti – soprattutto le donne più anziane, che spesso si ribellavano al declassamento e all’esclusione sociale e che costituivano la gran parte delle accusate. In altre parole, le donne venivano accusate di stregoneria perché la ristrutturazione dell’Europa feudale e l’avvento del capitalismo annientavano i loro mezzi di sussistenza e le basi del loro potere sociale. Molte di loro vennero lasciate prive di risorse e dipendenti dalla carità dei più ricchi, in un periodo in cui i legami comunitari andavano disgregandosi e si faceva strada una nuova morale che tendeva a criminalizzare l’elemosina e a svalutare la carità, considerata invece il sentiero verso la salvezza eterna nel mondo medievale.

 

 

Tale lettura, articolata per la prima volta da Alan Macfarlane nel suo Witchcraft in Tudor and Stuart England (1970), si può certamente applicare a molti dei processi alle streghe. C’è senza dubbio una relazione diretta tra alcuni casi di persecuzione e il processo delle enclosures, come si evince dalla composizione sociale delle imputate, dalle accuse mosse nei loro confronti e dalla comune caratterizzazione della strega come una donna anziana e povera che vive da sola e dipende dalle donazioni dei vicini, piena di amarezza e risentimento per la sua marginalizzazione, e pronta a minacciare e maledire coloro che si rifiutavano di aiutarla – i quali immancabilmente la accusavano di essere responsabile di ogni loro disavventura.

Tuttavia un simile quadro non ci spiega come queste miserabili creature possano aver suscitato così tanta paura. Inoltre non considera che molte tra le accusate venivano incolpate per aver commesso trasgressioni sessuali o crimini riproduttivi (come l’infanticidio e l’aver causato l’impotenza maschile), e che tra le condannate c’erano donne che avevano raggiunto un certo grado di potere nella comunità, come guaritrici popolari e levatrici, oppure esercitando pratiche magiche come il ritrovamento di oggetti smarriti e la divinazione.

Oltre alla resistenza, alla pauperizzazione e alla marginalizzazione sociale, quali altre minacce rappresentavano le «streghe» agli occhi di coloro che ne pianificarono lo sterminio? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare non solo il conflitto sociale, ma anche la radicale trasformazione di ogni aspetto della vita sociale che lo sviluppo del capitalismo ha generato, a partire dalle relazioni riproduttive e di genere tipiche del mondo medievale.

 

 

Il capitalismo è nato dalle strategie che le élite feudali – la Chiesa, i proprietari terrieri e i mercanti – misero in campo in risposta alle lotte del proletariato urbano e rurale che, nel XIV secolo, mettevano in crisi il loro dominio. Fu una «controrivoluzione» che non solo soffocava nel sangue le nuove richieste di libertà, ma creava un nuovo sistema di produzione che richiedeva una ridefinizione dei concetti di lavoro, ricchezza e valore, funzionale a più intense forme di sfruttamento.

Fin dal suo esordio, quindi, la classe capitalista ha dovuto affrontare una doppia sfida. Da un lato, ha dovuto rispondere alla minaccia rappresentata dai contadini espropriati diventati vagabondi, mendicanti e braccianti senza terra pronti a ribellarsi ai nuovi padroni, soprattutto nel periodo tra il 1550 e il 1650, quando l’inflazione causata dall’arrivo di oro e argento dal Nuovo Mondo accelerò a livelli incontrollabili, facendo salire alle stelle i prezzi dei generi alimentari, mentre i salari calarono in proporzione. In un simile contesto, la presenza in molte comunità contadine di donne anziane, risentite per la loro condizione penosa, che andavano di porta in porta borbottando parole di vendetta, poteva senza dubbio essere percepita come una matrice di trame cospiratorie.

D’altra parte il capitalismo, in quanto sistema di produzione che individua nello sfruttamento del lavoro umano la principale fonte di accumulazione, non poteva consolidarsi senza forgiare un nuovo tipo di individuo e una nuova disciplina sociale atta a incrementare la produttività del lavoro. Ciò ha comportato una battaglia storica contro tutto ciò che poneva un limite al pieno sfruttamento del lavoratore, a partire dalla rete di rapporti che legava gli individui al mondo naturale, alle altre persone e ai loro stessi corpi.

La chiave di tale processo è stata la distruzione della concezione magica del corpo che aveva prevalso nel Medioevo. Questa concezione attribuiva al corpo poteri che la classe capitalista non poteva sfruttare, incompatibili con la trasformazione dei lavoratori in macchine da lavoro e potenziali strumenti di resistenza a un simile processo. Si trattava dei poteri sciamanici che le società precapitaliste e agricole hanno attribuito agli individui o a individui considerati speciali, e che in Europa sono sopravvissuti nonostante secoli di cristianizzazione, spesso assimilati ai riti e alle credenze cristiane.

È in questo contesto che deve essere inquadrato l’attacco mosso alle donne con l’accusa di stregoneria. A causa del loro particolare rapporto con il processo di riproduzione, alle donne, in molte società precapitaliste, si è attribuita una speciale capacità di comprensione dei segreti della natura, che presumibilmente le rendeva abili a dare la vita e la morte e a scoprire le proprietà nascoste delle cose. Praticare la magia (come guaritrici, curatrici popolari, erboriste, levatrici, creatrici di filtri d’amore) era anche, per molte donne, una fonte di occupazione e senza dubbio una fonte di potere, sebbene le esponesse a ritorsioni quando i loro rimedi non avevano successo.

Questo è uno dei motivi per cui le donne diventarono i bersagli principali nel tentativo capitalista di costruire una concezione del mondo più meccanicistica. La «razionalizzazione» del mondo naturale – presupposto per una disciplina del lavoro più irreggimentata e per la Rivoluzione Scientifica – passava per la distruzione della «strega». Anche le indicibili torture a cui sono state sottoposte le donne accusate acquisiscono un significato diverso se le interpretiamo come una forma di esorcismo contro i loro poteri.

 

 

In questo quadro dobbiamo anche collocare la rappresentazione della sessualità femminile come qualcosa di diabolico, la quintessenza della «magia» femminile, che è centrale nella definizione di stregoneria. La classica interpretazione di questo fenomeno lo attribuisce alla curiosità e al sadismo sessuale degli inquisitori, presumibilmente generati dalle loro vite ascetiche e repressive. Ma sebbene la partecipazione degli ecclesiastici alla caccia alle streghe sia stata fondamentale per la costruzione della sua impalcatura ideologica tra il XVI e il XVII secolo – e cioè quando più intensa fu la caccia alle streghe in Europa – la maggioranza di processi vennero condotti da magistrati laici, pagati e nominati dai governi delle città. Per questo, è lecito domandarsi che cosa rappresentasse la sessualità femminile agli occhi della nuova élite capitalista, in vista del suo progetto di riforma sociale e dell’istituzione di una più severa disciplina del lavoro.

Si può abbozzare una prima risposta guardando ai regolamenti introdotti nella maggior parte dell’Europa occidentale tra il XVI e il XVII secolo per quanto riguarda il sesso, il matrimonio, l’adulterio e la procreazione. Se ne deduce che la sessualità femminile veniva vista sia come minaccia sociale sia, se opportunamente canalizzata, come una potente risorsa economica. Come i Padri della Chiesa e gli autori domenicani del Malleus Maleficarum (1486), la nascente classe capitalista doveva degradare la sessualità e il piacere femminili in quanto forze incontrollabili […]. Questo è il leit motiv di ogni demonologia, a cominciare dal Malleus Maleficarum, forse il testo più misogino mai scritto.

Cattolica, protestante o puritana, la nascente borghesia ha portato avanti questa tradizione, ma con un’innovazione. La repressione del desiderio femminile veniva ora posta al servizio di obiettivi utilitaristici, come la soddisfazione dei bisogni sessuali degli uomini e soprattutto la procreazione di un abbondante forza lavoro. Una volta che il suo potenziale sovversivo fu esorcizzato attraverso la caccia alle streghe, la sessualità femminile potè essere recuperata nel contesto matrimoniale e indirizzata a fini procreativi.