Il disagio della didattica online

Riflessione sulla condizione di universitario

di: Fabio Ciancone, da Il Lavoro Culturale

Fabio Ciancone

 

Mi sono laureato lo scorso 16 marzo, da casa. Il presidente di commissione ci ha dato appuntamento per il graduation day che, ci aveva assicurato, «si terrà certamente agli inizi di giugno». L’ottimismo dei primi tempi. Da quel momento ho ricevuto richieste di autorizzazione a pubblicare le immagini della mia laurea su testate giornalistiche online per lo più a diffusione locale, poi sul sito della CRUI. Lo scopo dell’Ateneo, nemmeno troppo velato, era di farsi pubblicità, di vendersi come istituzione moderna e all’avanguardia: le Università sono costrette a farlo per ottenere fondi e far crescere il numero di iscritti.

Dopo la laurea ho iniziato a seguire corsi presso un altro Ateneo. Frequento lettorati di tedesco, durante i quali l’interazione è fondamentale per l’apprendimento. Durante le lezioni provo un fortissimo disagio: disagio a comunicare, a interagire, a prendere la parola, ad ascoltare gli altri. È un disagio provocato dalla netta percezione di violazione di uno spazio privato, di intrusione degli altri nella mia quotidianità.

Sono a disagio quando seguo i corsi in cucina, perché in camera da letto non ho connessione sufficiente. Sono in imbarazzo quando qualcuno entra a bere dell’acqua o a mangiare qualcosa, perché viene violato non solo lo spazio della casa, ma anche quello della lezione. Sono a disagio anche quando intravedo qualcuno nelle inquadrature degli altri, come mi è capitato questa mattina: una sorella maggiore, forse credendo di essere l’unica nella stanza virtuale, ha chiesto urlando al fratellino di andare via. Poi, accortasi della mia presenza, non ha fatto altro che spegnere il microfono e, dopo qualche istante, la videocamera. Siamo rimasti in un imbarazzante silenzio fino all’inizio della lezione. In una classe di dodici persone ci sono una ragazza di nome Mei e un ragazzo di nome Matteo. Non li ho mai sentiti parlare né so che faccia abbiano. A volte facciamo lavori di gruppo e il disagio aumenta perché l’interazione è obbligatoria.

Per seguire le lezioni online usiamo Meet, Drive, Moodle, Zoom, Teams, Slack, a volte una combinazione di due o tre piattaforme, nessuna pensata per le nostre esigenze. «Scusi, non ho ricevuto il file. Mi rimanda il link cortesemente? Mi sente? Posso parlare? Mi sono disconnesso, la batteria era scarica. Scusi sono malata. Ma tanto sei a casa, cosa ti costa connetterti comunque». Viviamo nell’ossessione di dover essere produttivi.

 

Continua a leggere l’articolo su Il Lavoro Culturale