PUBLIC! [uso sostantivato dell’agg.; cfr. il lat. Publĭcum «dominio pubblico» e la locuz. in publĭco «in pubblico»]
Accademia Unidee – Scuola di Arti Visive
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CONVEGNO DI RICERCA
Che ne è del pubblico?
Chi può definire cosa sia pubblico?
Come si costruisce l’idea di pubblico?
Può il pubblico rappresentare una forma di resistenza e sopravvivenza alle crisi ambientali e biopolitiche della contemporaneità?
Nel 2022 è necessaria una revisione della nozione di pubblico.
Il termine “pubblico” significa, in primo luogo, che ogni cosa che si svolge in pubblico può essere vista e udita da tutti e ha la più ampia pubblicità possibile. In secondo luogo, significa il mondo stesso. In quanto è comune a tutti e distinto dallo spazio che ognuno di noi vi occupa privatamente. L’interesse per il suo antinomico comune è uno dei campi da cui proviene molta riflessione. Il comune sia come negativo della proprietà, che implica la parità di accesso, sia come positivo della proprietà, che implica un processo decisionale partecipato.
Nel 2022 lo spazio digitale ha affiancato e sempre più sostituito lo spazio pubblico fisico. Evidente è stata la messa in discussione delle definizioni e dell’opposizione pubblico privato. Si pensi all’affermarsi delle licenze creative, definite appunto “commons” e, in senso opposto, alla pervasività della sorveglianza digitale, effettiva appropriazione per fini privati dell’impronta pubblica che ciascuno lascia nell’esercizio della propria identità personale elettronica. La domanda da porre è dove stia il Pubblico nella “sovranità digitale”.
La visione proposta da Jürgen Habermas resta nell’identificazione del pubblico “come uno spazio di incontro e argomentazione tra soggetti liberi, detenenti uguali diritti di parola, che affrontano problemi di interesse collettivo e sottopongono al vaglio intersoggettivo le loro idee-opinioni espresse attraverso forme argomentative”. Per sfera pubblica è dunque da intendersi uno spazio inter-medio tra il pubblico, come sede del potere politico e delle passioni collettive, e il privato, come area della produzione e riproduzione degli interessi e degli orientamenti individuali. “Si tratta dunque dello spazio della parola, della critica e dell’argomentazione razionale in cui i segnali e gli impulsi della società civile vengono elaborati e rappresentati alla sfera del potere politico e in cui le azioni del pubblico potere vengono sottoposte alla critica e al giudizio.” Una visione che oggi può essere parzialmente rivista. Sia dal punto di vista della dimensione pubblica spaziale, rideterminata entro nuove definizioni fondate sulle pratiche o, anche, ripensata intorno a una dimensione relazionale: “spazio pubblico” non tanto come spazio che allude a una proprietà non privata, ma spazio determinato “dall’uso che se ne fa”, o che, appunto, assume declinazioni diverse in funzione dei “modi di stare insieme”, provando a ragionare da un lato non tanto su “quel che uno spazio è, piuttosto su quel che uno spazio fa” e, dall’altro, sviluppando una ricerca intorno ai modi del “comment vivre ensembre”.
Accanto al ripensamento dello spazio pubblico, è ancora la nozione di “comune” ad aprire strade di ricerca e di pratiche, muovendo dalla “tragedia dei beni comuni” a forme sia radicali sia di pragmatismo giuridico che definiscono un modo “altro” di occuparsi del pubblico. “Dopo mezzo secolo di neoliberismo, una nuova ideologia radicale, basata sulla pratica, si sta facendo strada dai margini: il commonismo. Si basa sui valori della condivisione, della proprietà comune (intellettuale) e delle nuove cooperazioni sociali. I cittadini comuni affermano che le relazioni sociali possono sostituire le relazioni monetarie (contratti). Sostengono la solidarietà e confidano nelle relazioni tra pari per sviluppare nuovi modi di produzione”.
All’opposto sta la proposta neoliberista dello Stakeholder capitalism, con il suo corollario il Brand Activism. Il primo essendo un pubblico demandato al privato e il secondo la forma di inserimento nel mercato di questo nuovo pubblico industriale. E, per quanto riguarda l’Europa, le fondamentali esperienze di sussidiarietà verticale e orizzontale, che attraversano non solo le elaborazioni teoriche del Diritto contemporaneo, ma ripensano anche la concreta possibilità di azione e relazione tra le organizzazioni di ogni settore.
Le proposte della produzione artistica, peraltro, già alla fine degli anni ‘80 e negli anni ‘90 irrompono sulla scena della “vita in comune”. In particolare, la nozione di arte pubblica viene rigenerata da diversi percorsi, tra cui un radicale cambiamento al modo di intendere e leggere lo spazio pubblico e l’opera d’arte a esso destinata. La new genre public art implica “strategie pubbliche d’impegno come linguaggio estetico, la cui struttura è una necessità percepita dall’artista in collaborazione con la sua audience. All’arte site-specific si sostituisce quella community o audience-specific art. Ed è il cittadino a suggerire l’intervento a partire dai suoi bisogni, passando da fruitore passivo a coautore, alla stessa stregua dell’artista.” Nasce l’arte socialmente impegnata (socially engaged art) negli anni ‘90 e 2000, che contribuisce a ridefinire la stessa funzione del pubblico, in una interpretazione dell’artista come costruttore di strutture e infrastrutture. Nel 1994 Michelangelo Pistoletto pubblica il manifesto Progetto Arte in cui afferma che “… è tempo che l’artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall’economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall’educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale.”
A queste pratiche si uniscono le esperienze di mondi un tempo molto diversi: il mondo del design, dell’innovazione sociale, della sharing economy e delle nuove forme di governance. Emergono le “comunità creative” “persone che cooperativamente inventano, sviluppano e gestiscono soluzioni innovative per nuovi modi di vivere”. Le “politiche del quotidiano” sviluppate in molte città rimescolano le carte, tanto che la distinzione tra soggetti pubblici e privati, beni comuni e interessi collettivi o personali, diventa in alcuni casi meno chiara e meno rilevante.
Il pubblico è in senso relazionale uno “stare” tra gli altri: nell’intimità della solitudine, nell’extimità dei piccoli gruppi, nell’espressione collettiva. Stare: un termine che viene dal latino status, che a sua volta deriva da stare (cioè, appunto, stare assieme). Lo stato è pubblico e lo status, quindi, altro non è che la situazione, la posizione. Tale situazione non si basa su un pensiero, che è una proprietà personale, bensì più su un’intelligenza agente, ovvero una facoltà che estrae la verità direttamente da un immaginario condiviso. Lo Stato quindi si basa su un pensiero che è multitudo, che è depositario dell’intelletto comune, ovvero di un patrimonio storico-culturale che lo articola, grazie alla convivenza di processi di conoscenza e pratiche politiche. In senso filosofico il significato non è dell’essere ma fra gli esseri, e lo Status, quindi, non è altro che la situazione, la posizione, la condizione pubblica. Ebbene il pubblico, è la struttura delle relazioni che costituiscono la società, e che produce lo stato dei rapporti tra i suoi membri, che si concretizza in determinate istituzioni, regolamenti, leggi nella continua negoziazione conflittuale con le corrispondenti istanze del privato, del mercato e della strenua rivendicazione del comune. Nel pubblico, comunità, organizzazioni e gruppi agiscono forme rituali della relazione sociale, identificando in quella sfera il luogo della costruzione dell’immaginario collettivo, dell’auto-riconoscimento, dell’identità. È in una parola lo spazio della sacertà sociale, ovvero lo spazio della connessione all’esperienza di una realtà totalmente diversa, rispetto alla quale l’uomo produce in un continuo patteggiamento i suoi diritti comuni e quindi le sue proporzioni. E lo fa aggiornandosi man mano che l’arte, la tecnica, la memoria, il linguaggio mutano le loro ricadute.
Public! si interroga su come la dimensione pubblica agisca nella complessità sociopolitica contemporanea: spazi fisici, culturali, teorici. Una condizione dove sono esacerbati i localismi e potenziati i confini delle proprietà, in cui la responsabilità collettiva è messa in discussione dalla costruzione neoliberista dell’individuo.
Al fine di analizzare l’importanza storico-teorica del concetto di Pubblico e di saggiarne la fecondità attuale, artistə, sociologə, filosofə, politologə, ricercatrici e ricercatori, studiosə, ma anche studentə, sono invitati a contribuire al convegno inviando proposte attinenti ai seguenti nuclei problematici:
Pubblicato il: 27.06.2022
Articoli, approfondimenti, notizie ed eventi di Accademia Unidee della Fondazione Pistoletto a cura di Marco Liberatore del Gruppo Ippolita