#CLIMATE SHACK di Alterazioni Video, un dispositivo di meta apprendimento

Climate Shack sta per ‘Capanna climatica’. Un piccolo edificio che il pluripremiato collettivo artistico Alterazioni Video ha realizzato nel Triennio in Arti visive dell’Accademia Unidee di Biella.

di: Francesco Monico

Climate Shack sta per ‘Capanna climatica’. Un piccolo semplice edificio fatto di pezzi di legno, metallo o altri materiali, che il pluripremiato collettivo artistico Alterazioni Video ha realizzato all’interno del suo corso nel Triennio in Arti visive per la trasformazione sociale dell’Accademia Unidee di Biella.  E’ un dispositivo e una metafora. In quanto dispositivo realizza uno spazio didattico creato dai docenti e dai discenti uniti.

Joseph Campbell, studioso di letteratura ed  esperto di mitologia, sosteneva che l’artista è il tramite tra il mito e la comunità (cfr. Campbell, 2012, anche Buzzati, 2011, Zentner, 2012). In un ambiente culturale in cui a prevalere sono la tecnologia, l’individualismo e le convenzioni, l’artista è l’ultimo sciamano in grado di riveicolare un apparato metaforico, indispensabile per costruire un equilibrio armonico tra i discenti e la complessità o semplicità dell’esistenza. Perché, come qualcuno ha scritto, l’inverosimile aiuta a esaurire il verosimile…

artisti

Climate Shack sta per ‘Capanna climatica’. Un piccolo semplice edificio fatto di pezzi di legno, metallo o altri materiali, che il pluripremiato collettivo artistico Alterazioni Video ha realizzato all’interno del suo corso nel Triennio in Arti visive per la trasformazione sociale dell’Accademia Unidee di Biella.  E’ un dispositivo e una metafora. In quanto dispositivo realizza uno spazio didattico creato dai docenti e dai discenti uniti.

I docenti sono Alterazioni Video, collettivo nato nel 2004, composto da Paolo Luca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri. Esiste tra New York, Berlino, Palermo e Faro. La loro pratica artistica si struttura a distanza in maniera sperimentale, mettendo insieme performance, video, installazioni, cinema e musica. La tecnologia è allora un elemento che appartiene al processo pedagogico, i docenti ne fanno un uso costante nella rete, comunicando tramite chat e scambiandosi immagini e link, mantenendo il contatto con gli studenti. Infatti dal 2022 sono titolari della cattedra di Decorazione 1 e 2 dell’Accademia Unidee e qui, in occasione delle lezioni, formano una diade docente-studente in presenza con gli studenti nelle aule di Biella.

Hanno partecipato a diverse Biennali di Venezia, a Manifesta, esposto al MOMA PS1, Performa, e le loro opere stanno in collezioni internazionali. La loro opera iconica si intitola ‘Incompiuto Siciliano’, con la quale il collettivo ha mappato più di 750 opere pubbliche incompiute del territorio italiano, dando vita a una tragedia architettonica, ambientale ed estetica, della modernità, laddove le opere incompiute assurgono a rovine del contemporaneo, opere che non sono mai state portate a termine e che per questo non hanno avuto nessuna funzione, diventando così monumenti di qualcosa che non è mai esistito. Perfetto paradigma interpretativo per comprendere un contemporaneo come sogno ipertecnologico che  viene superato ancor prima di realizzarsi.

La loro produzione più nota è la serie dei ‘Turbo Film’. Una serie di film d’autore, l’ultimo del 2018, dal titolo Guerra e Pace, un lungometraggio girato in Russia che vede la partecipazione di Alexandr Dugin,  controverso filosofo russo, che si incentra sugli effetti delle post-verità nella vita delle persone, indagando il tema e l’estetica del fake e della infopocalypse come fenomeno nato nell’era della moltiplicazione dei media digitali.

shack

Nel loro corso in Decorazione all’Accademia Unidee hanno realizzano uno shack, il cui nome deriva dalle costruzioni di fortuna fatte dagli avventurieri che si spingono nelle vette dell’Himalaya e che quindi cercano riparo. Un omaggio a quegli esploratori che hanno tracciato nuove vie geografiche della conoscenza. Uno sforzo congiunto a scalare le vette dei nuovi saperi. Ma anche un dispositivo che sta dentro al Museo del presente, imponente spazio espositivo della Fondazione Pistoletto

  

Tale sala di 900 metri quadri in un’epoca di crisi energetica non è riscaldabile, e quindi lo shack è rifugio educativo perché protezione dal freddo durante la didattica. Una metafora spaziale che nel freddo di uno spazio reso inabitabile dalla crisi energetica, da un lato performa una resilienza, dall’altro rivela la maestosa potenza della natura: docenti e discenti che lavorano insieme proteggendosi dal clima attraverso una struttura realizzata collettivamente.

Poncho collettivo

Ma non solo, perché all’interno dello shack, progenitore e figlio dello stesso, in una circolarità simbolica, vi è un Poncho collettivo, ovvero un enorme poncho di lana per più teste, fatto da scampoli cuciti assieme dalla diade docenti e discenti che serve per fare lezione tutti uniti in un caldo collettivo educativo. Tutti devono partecipare in modo da generare un riscaldamento collettivo. Quindi una metafora metacognitiva fatta a scatola: il poncho e lo shack permettono la pedagogia durante le fredde lezioni d’inverno, e poi lo shack in primavera-estate si apre e diventa set accademico.

studio accademico

Uno studio o set accademico che moltiplica la sua funzione pedagogica e diventa set reale e immaginario di una moltiplicazione dei saperi che si realizza utilizzando la forma della diffusione della cultura contemporanea, ovvero quella audiovisività che tutto permea oggi e che caratterizza la nostra fruizione culturale.

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Così lo Shack di Alterazioni Video è spazio per mantenere l’omeostasi della diade docenti-discenti in una trascendenza che implica la temperatura, ovvero il clima come topica centrale del XXI secolo. L’ambiente ostile che viene reinterpretato per poter garantire il conforto e un’accoglienza benevola. In un imparare all’interno di un dispositivo di meta apprendimento à la Roy Ascott, ovvero un agire non sulle nozioni, ma sul contesto-ambiente per innescare quelle reazioni culturali che permettono l’elaborazione di nuove narrative da parte non dei docenti ma dalla diade docenti-discenti. Nel 1961 Roy Ascott fondò il “Groundcourse” alla Ealing Art School, un esperimento che si può apparentare allo Shack laddove le teorie cibernetiche riguardanti le relazioni sistemiche, la comunicazione, l’interattività, la partecipazione e il feedback ambientale vengono applicate nella pratica educativa. Nel 1994 Michelangelo Pistoletto organizza il “Progetto Arte” ponendo l’arte quale espressione più sensibile e integrale del pensiero, che traslata nell’Accademia vede gli studenti come coloro che hanno la responsabilità (e la capacità) di porre in comunicazione ogni attività umana, dall’economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall’educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale.  Secondo la riflessione dell’Accademia Unidee, gli studenti oggi sono annichiliti dal mutamento paradigmatico che la crisi ambientale che è contemporamente cibernata e antropecenetica sta producendo, e per questo fin dalla didattica vengono implicati da un immaginario dell’emergenza, ovvero da una trascendenza verso nuove forme di immaginario.

perturbante

Un nuovo immaginario è infatti il punto che l’Accademia Unidee ricerca, secondo il concetto che oggi non è importante sapere tutto, ma è molto più importante saper abitare immaginari differenti, anche e sopratutto in contraddizione tra loro. In questo modo si può affrontare l’incognito, il perturbante ovvero «quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare» come scriveva Freud, l’unheimlich:  «È detto unheimlich tutto ciò che potrebbe restare […] segreto, nascosto, e che è invece affiorato», scriveva il grande pensatore e poeta romantico Schelling. Esso è uno dei principali aggettivi sostantivati del XXI secolo, esprime in ambito estetico un’attitudine del sentimento del timore, che si sviluppa quando una persona, un fatto o una situazione viene avvertita sia come familiare che estranea allo stesso tempo, come il mondo cibernato e antropocenetico che abitiamo, innescando una sensazione di confusione ed estraneità. Il termine tedesco unheimlich è il contrario di heimlich (da heim, casa) che significa confortevole, appartenente alla casa. Un-heimlich significa inconsueto, non di casa, esattamente come uno Shack, come i ricoveri nel mondo ostile e perturbante delle vette Himalayane. Ma un significato di heimlich è anche “tenuto in casa, nascosto”. Lo shack-heimlich quindi presenta una ambivalenza di significato il secondo dei quali, quello di misterioso, nascosto coincide col suo contrario. Lo shack-un-heimlich è il rifugio di un perturbante quindi venuto alla luce, affiorato. Così il perturbamento necessario a una didattica per un sempre e comunque nuovo XXI secolo nasce quando una situazione, ovvero la diade docenti-discenti, unisce caratteristiche di estraneità e familiarità che realizza, anche grazie a un transfer pedagogico, un proprio “dualismo affettivo“. Lo shack è una struttura-reazione riparativa a una situazione ostile, così da accogliere in se la perturbazione e la sua soluzione.

Attraverso la forma affettiva che i docenti nel transfer didattico realizzano nei discenti, torna in qualche modo al loro cospetto il rimosso attraverso appunto l’oggetto, lo shack-perturbante,  ciò genera quella sensazione di allontanamento-avvicinamento infine di perturbamento formativo (unheimlichkeit), che è necessario oggi per portare fuori dal già immaginato e quindi innescare dei nuovi immaginari.

rovine

In un’epoca di trasvalutazione e cambiamento dei valori il perturbamento è infatti fondamentale alla didattica, in quanto è “l’accesso alla rovina, ovvero all’origine” (ted. Heimat) di ogni studente, laddove i docenti sono i ‘guardiani’ di un mondo che fu, ovvero delle rovine,  e i discenti sono e saranno i creatori delle nuove necessarie narrative. Infatti diventa unheimlich ogni rovina (ted. Heimisch), di cui il prefisso un- è il segno della rimozione che in sostanza è un processo interno di negazione. Il perturbante dunque insorge quando viene mostrato dai docenti ciò che era tenuto nascosto, quando il rimosso ritorna nei discenti a ridestare complessi sopiti, producendo da questi stessi discenti nuovo e preziosissimo immaginario.

“Uno spazio didattico, un ‘sacellum’ educativo formativo, dove gli studenti si costruiscono il loro stesso spazio di apprendimento dando contezza delle teorie educative di John Dewey, ovvero il ‘learning by doing’ della sua New school, e delle teorie cibernetiche del ‘Groundcourse’ di Roy Ascott, e del fare teoria pratica sperimentale come facciamo all’Accademia Unidee della Fondazione Pistoletto. La costruzione del proprio spazio formativo, della propria aula, spazio contemporaneamente accogliente e perturbante, la realizzazione a più mani del poncho multiplo per generare calore condiviso e attraverso il quale ascoltare i docenti in un approccio comune che non passa pedissequamente delle nozioni fisse, ma attua un dispositivo metacognitivo dove l’apprendimento emerge da un’esperienza condivisa.

Nasce come climate shack, un riparo contro il cambiamento climatico, e diventa un dispositivo educativo/formativo in sé,  un oggetto che insegna come abitare il cambiamento e come abitare l’apprendimento nello stesso cambiamento. Esperienza metacognitiva che integra la teoria alla pratica, che fa ‘apprendimento costruendo e ragionando su un dispositivo di apprendimento’, attraverso uno spazio pedagogico sacro, emotivo e perturbante.

 

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Le immagini sono state cortesemente fornite dall’archivio Accademia Unidee,